IL CAMPO DELLA MEMORIA: ARPA
BIRMANA
HANNO PAURA ANCHE DEI MORTI! Dopo il voltafaccia della
Difesa sul sacrario dedicato ai caduti della RSI a Nettuno
Massimiliano Mazzanti
Quasi quasi, fanno più paura da morti
che da vivi, i giovani caduti della RSI in difesa di Roma nel 1944. Altro
che «rispetto», altro che «pacificazione», altro
che «comprensione per la scelta di coloro che andarono a combattere
convinti di fare la cosa giusta per l'onore dell'Italia»: per quanti
non accettarono la vergogna dell'8 settembre questo Stato, le nostre istituzioni,
i politici del fu «arco costituzionale» continuano a riservare
solo insulti e vergognose discriminazioni.
Ha ragione da vendere Mario Sannucci, presidente
dell'associazione degli ex-combattenti della Decima Mas, quando amaramente
commenta - dopo il dietrofront di «Onorcaduti», il quale, dopo
avere accettato di trasformare il «Campo della memoria» in
«sacrario», con la traslazione delle salme di sei caduti «ignoti»
a Nettuno, ha fatto dietrofront a seguito delle strumentali proteste del
sindaco pidiessino Carlo Conte: «Si pensava di avere fatto un passo
avanti, invece ne abbiamo fatti due indietro».
Dopo tante chiacchiere sulla «memoria da condividere»,
infatti, i rappresentanti dell'Ulivo hanno dimostrato di non avere la minima
intenzione di rinunciare al bolso resistenzialismo che nega agli avversari
anche il diritto d'esistere e addirittura d'essere esistiti.
Carlo Conte, adesso che anche i giornali registrano
non senza imbarazzo e non senza severità le sue proteste contro
i reduci della RSI, maschera la sua faziosità ideologica appellandosi
a gelide questioni burocratico-amministrative «per trasformare il
«Campo della memoria» in "sacrario" mancano le autorizzazioni
necessarie per assolvere le funzioni cimiteriali» - e inventando
atteggiamenti squallido nostalgici - «vengono visitatori in camicia
nera e che fanno il saluto romano» - che non sono mai appartenuti
agli ex-combattenti della Repubblica sociale.
Più ridicoli ancora, i giri di valzer del
ministero della Difesa: prima accetta di trasformare il «Campo della
memoria» in «sacrario»; poi, dietro le proteste del sindaco
sospende tutto.
Richiesto di spiegare la situazione, comunica che
nessuno si è mai sognato di costituire un «sacrario di Salò»;
infine, dopo le prese di posizione da parte di alcuni deputati e senatori
(fra i quali Giulio Maceratini ed Enzo Savarese) smentisce se stesso e
precisa di non aver «rinnegato gli impegni» (che, dunque, sono
stati assunti), ma di averli solo «differiti». Che pena, signor
Andreatta! La verità è che per quei soldati «ignoti»
(e per tutti coloro che condivisero la scelta di combattere affinché
nessuno potesse ripetere nel mondo che tutta l'Italia era capace solo di
«to badogliate») il destino di oggi non è molto diverso
da quello di allora: sono condannati a soffrire per un Paese che non ama
gli slanci generosi e disinteressati dei giovani, slanci che mettono in
evidenza, oggi come allora, la meschinità, quando non qualcosa di
peggio, degli «altri». E bene faranno, oggi, i reduci della
difesa di Roma e delle altre battaglie combattute in Italia fra il '43
e il '45 a ritrovarsi lo stesso al «Campo della memoria»: la
viltà di qualche burocrate di via XX settembre o l'odio di un «signor
nessuno», anche se sindaco, non fanno certo venir meno il loro diritto
ad incontrarsi là dove dimostrarono a tutti cosa significa «fare
il proprio dovere» per la Patria. La sorte, però, con la sua
proverbiale ironia, anche questa volta ha dato una lezione a coloro i quali
pensano di poter continuare a infierire sui morti e sulla memoria dei sopravvissuti
della guerra civile per imporre le proprie squallide logiche di Brenno
in sedicesimo. Esumate dal cimitero del Verano dai funzionari di «Onorcaduti»,
le sei salme dei caduti della Decima che avrebbero dovuto essere collocate
al «Campo della memoria» sono state temporaneamente collocate
nell'obitorio delle Fosse Ardeatine: i giovani della RSI con le vittime
della rappresaglia per l'eccidio di Via Rasella.
E solo un caso, ma l'immagine è potentissima:
come ad Arringano, come nella calle «de Los caidos», le vittime
di quell'immane tragedia che è la guerra, e in particolare la guerra
che è anche guerra civile, riposano serenamente insieme, mentre
la stupidità dei vivi si ostina a tormentare la memoria.
IL SECOLO D'ITALIA Quotidiano del 26 10 1997